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LE “PIETRIFICAZIONI” DI EFISIO MARINI LA COLLEZIONE DEI CALCOLI

I preparati identificati comunemente come “le pietrificazioni del Marini” evocano particolari suggestioni. Efisio Marini, esempio di scienziato difficile, lavora a Napoli, nella seconda metà dell’ottocento, per oltre trent’anni. Il Marini elabora un personale metodo di mummificazione e pietrificazione di parti organiche che applica a strutture anatomiche. Il metodo consente di mantenere la flessibilità e il colore naturale delle strutture con una particolare miscela di sali metallici di sua invenzione. Secondo il parere di esperti dell’università di Perugia che da alcuni anni studiano i reperti del Marini, lo studioso avrebbe inventato una tecnica di fossilizzazione, ovvero quell’insieme di processi biologici ed ambientali che modificano i resti degli esseri viventi, impedendone il disfacimento, e li trasformano nel prodotto chiamato fossile. Marini fa accadere in ore quello che in natura accade in migliaia di anni. La peculiarità di queste preparazioni “lapidee” affascina e interessa in maniera particolare i visitatori, anche perché su esse s’ intravede l’esigenza estetica, la ricerca del “bello” perseguita dall’ Autore. La prima parte della collezione è costituita da arti superiori conservati con la tecnica della mummificazione riferita ai primi tentativi di perfezionare la tecnica, mentre la seconda parte è costituita dalle pietrificazioni degli arti superiori, inferiori e una testa di una giovane fanciulla.Fra i pezzi della collezione spicca, per la singolare bellezza, un tavolino il cui piano è formato da un impasto di sangue, cervello, fegato, bile, polmoni ove, al centro, è adagiata una bellissima mano di giovane donna che Marini aveva presentato alla prima Expo di Parigi. L’ insieme stupisce per la perfetta conservazione e la freschezza del colorito. La collezione dei Calcoli, unica nel suo genere, prende origine da un primo nucleo di “pietre” raccolte dallo scienziato Antonio Nanula che, nel 1834, le dona all’Università di Napoli. I calcoli sono estratti da ureteri, vesciche urinarie e colecisti sia umane che di animali. Quelli d’origine animale stupiscono per le notevoli dimensioni, per la consistenza e la complessa composizione; tra questi particolarmente suggestivi i tricobezoari, calcoli compositi, costituiti soprattutto di peli, estratti da intestini di cani, gatti, pecore e cavalli. La collezione originaria è stata nel tempo ampliata dalle donazioni fatte da chirurghi e veterinari.

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